D.Lgs 116/2020 – Modifiche al Testo Unico Ambientale

Modifiche al Testo Unico Ambientale

Il D. Lgs. n. 116 del 2020 di recepimento delle direttive europee in materia di rifiuti e attuazione di altri atti dell’Unione europea, [in particolare la direttiva (UE) 2018/851 che modifica la direttiva 2008/98/CE] ha apportato importanti modifiche al D. Lgs. n. 152 del 2006, cosiddetto Testo Unico dell’Ambiente (TUA), nella parte IV relativa alla gestione dei rifiuti e alla bonifica dei siti inquinati. In particolare, il D. Lgs. n. 116 del 2020 è intervenuto su:
• l’art. 183 del TUA, introducendo al comma 1, lett. b-ter), la definizione di “rifiuti urbani”,
uniformandola a quella comunitaria e individuando al punto 2 i rifiuti provenienti da altre fonti simili per natura e composizione ai rifiuti domestici, che comporta come conseguenza il venir meno dei cosiddetti “rifiuti assimilati”;
• l’art. 184 del TUA che riguarda la classificazione dei rifiuti;
• l’art. 198 del TUA che, con l’abrogazione della lettera g), del comma 2, fa venire meno il potere dei comuni di regolamentare l’assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, operando quindi un’assimilazione ex lege uniforme su tutto il territorio nazionale, proprio in osservanza alla nuova definizione di rifiuto urbano di matrice comunitaria

Il comma 2-bis dello stesso art. 198 dispone che le utenze non domestiche possono conferire al di fuori del servizio pubblico i propri rifiuti urbani previa dimostrazione di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi;
• l’art. 238, comma 10 del TUA, che disciplina la c.d. tariffa integrata ambientale o TIA2, soppressa dall’art. 14, comma 46, del D. L. n. 201 del 2011, tale da richiedere una opportuna correzione normativa. La disposizione introdotta prevede che le utenze non domestiche, che producono rifiuti urbani e li conferiscono al di fuori del servizio pubblico, dimostrando di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi, sono escluse dalla corresponsione della componente tariffaria, rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti.

La scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico, ovvero del ricorso al mercato, deve essere effettuata per un periodo non inferiore a cinque anni.

In ordine all’applicazione del D. Lgs. n. 116 del 2020 e al coordinamento con altre disposizioni normative in ambito ambientale e finanziario, alla luce dei quesiti pervenuti, si ritiene necessario fornire i seguenti chiarimenti:

 

  1. A) Coordinamento con l’art. 238 del TUA e il comma 649 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 in merito alla TARI.

In ordine all’applicazione del D. Lgs. n. 116 del 2020 occorre fornire alcuni chiarimenti circa le disposizioni contenute all’art.238 del TUA che recano riferimenti alla tariffa, la c.d. tariffa integrata ambientale o TIA2. Quest’ultima, infatti, è stata soppressa dall’art. 14, comma 46, del D. L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, istitutivo della TARES, il quale ha disposto che “A decorrere dal 1° gennaio 2013, sono soppressi tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria…”.

Si deve aggiungere che la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 8631 del 2020 ha affermato che “l’applicazione della T.I.A. 2 da parte dei Comuni è rimasta circoscritta ad un limitato periodo di tempo, compreso tra il 01 luglio 2010 (data a partire dalla quale il legislatore ha permesso l’utilizzo della tariffa anche in mancanza del regolamento di cui dell’art. 238, comma 6) e il 31 dicembre 2012”.

Tuttavia, nelle more di un intervento normativo che elimini espressamente detti riferimenti, si può ritenere consentita una lettura attualizzata ed evolutiva delle norme recate dal D. Lgs. n. 116 del 2020 e che riguardano l’art. 238 del TUA. Ciò comporta che nel comma 17 dell’art. 1 del citato D. Lgs., che modifica l’articolo 189 del TUA, in luogo dei “proventi della tariffa di cui all’articolo 238” occorre considerare i proventi della TARI di cui all’art. 1 commi 639 e 668 della legge n. 147 del 2013, quali entrate attualmente vigenti, nel quadro normativo di riferimento dei prelievi sui rifiuti. Del resto, il D. Lgs. n. 116 del 2020 costituisce la normativa di adeguamento di direttive unionali, la cui applicazione non può essere ostacolata da talune incoerenze normative interne allo Stato membro, laddove, invece, la disciplina di riferimento è ben chiara.

Il comma 649 dell’art. 1, della legge n. 147 del 2013, in relazione alla disciplina della TARI attualmente vigente, presenta forti analogie con le disposizioni inserite nel comma 10 dell’art. 238 del TUA, le quali in quanto disposizioni di recepimento della disciplina europea dovrebbero essere lette in combinato disposto con la vigente disciplina di cui alla legge 147/2013. Ed invero, il comma 10 dell’art. 238 del TUA, come modificato dall’art. 3, comma 12, del D. Lgs. n. 116 del 2020, prevede che “le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani di cui all’articolo 183 comma 1, lettera b-ter) punto 2, che li conferiscono al di fuori del servizio pubblico e dimostrano di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi sono escluse dalla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti; le medesime utenze effettuano la scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico o del ricorso al mercato per un periodo non inferiore a cinque anni, salva la possibilità per il gestore del servizio pubblico, dietro richiesta dell’utenza non domestica, di riprendere l’erogazione del servizio anche prima della scadenza quinquennale”. Invece, il comma 649 dell’art.1 della legge n. 147 del 2913 dispone che “per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella determinazione della TARI, il comune disciplina con proprio regolamento riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati”.

Nell’operazione di coordinamento delle due norme appena richiamate, si deve osservare, innanzitutto, che la disposizione da ultimo riportata richiama ancora i c.d. “rifiuti speciali assimilati”, tipologia non più esistente, in quanto del tutto superata dalla normativa unionale e da quella nazionale di recepimento e sostituita dalla nuova definizione di “rifiuti urbani”. Inoltre, la medesima disposizione di cui al comma 649 collega la riduzione della quota variabile della TARI alle quantità di rifiuti che il produttore dimostra di aver avviato al “riciclo”, a differenza di quanto previsto dal predetto comma 10 dell’art. 238 che fa, invece, riferimento ai rifiuti avviati al “recupero”, come pure il comma 2-bis dell’art. 198 del TUA, inserito dal D. Lgs. n. 116, il quale prevede che “le utenze non domestiche possono conferire al di fuori del servizio pubblico i propri rifiuti urbani previa dimostrazione di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi. Tali rifiuti sono computati ai fini del raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio dei rifiuti urbani”.

Si deve osservare che il Legislatore del D. Lgs. n. 116 del 2020, nel recepire le disposizioni unionali, ha inteso valorizzare l’intero processo di recupero, di cui il “riciclo” costituisce una delle operazioni “industriali” attraverso le quali si può effettuare il recupero.

Procedendo a un’interpretazione sistematica delle due norme, si ribadisce che il riferimento deve essere effettuato nei soli confronti dei rifiuti urbani come definiti dalle nuove disposizioni, in quanto la volontà del Legislatore è quella di consentire come scelta affidata unicamente ai produttori, e non più al comune come previsto dal comma 649, di avviare al recupero tutti i rifiuti. Le novità recate dal D. Lgs. n. 116 del 2020 richiedono, infatti, che i produttori possano conferire i rifiuti urbani al di fuori del servizio pubblico e ne dimostrino l’avvio al recupero mediante specifiche attestazioni.

Alla luce di questa innovazione normativa, la proporzionalità prevista dal comma 649 deve essere reinterpretata alla luce del processo di recupero di cui l’avvio richiesto al produttore costituisce la fase di impulso.

Avviato il processo mediante l’affidamento al circuito o filiera coinvolta, è poi lo stesso processo a determinare le quantità recuperate, con gli eventuali scarti di rifiuti che non sono più recuperabili.

Conseguentemente può definirsi la riduzione della quota variabile della TARI in proporzione alla quantità avviata al recupero.

Si deve altresì argomentare che, dalla lettura combinata dell’art. 198, comma 2-bis e del chiarimento sopra effettuato per il comma 649, anche nel caso in cui il produttore eserciti la facoltà di avviare al recupero i rifiuti urbani, la parte fissa della TARI resta comunque dovuta, ciò in quanto il comma 10 del citato art. 238 prevede l’esclusione dal servizio pubblico solo per la parte variabile, lasciando quindi impregiudicato il versamento della TARI relativa alla parte fissa.

 

  1. B) Determinazione delle tariffe TARI e della tariffa corrispettiva.

Al fine di garantire una ordinata rappresentazione circa l’affidamento al servizio pubblico della raccolta di rifiuti urbani da parte di attività produttive, l’utente produttore è tenuto a comunicare formalmente all’ente gestore di ambito ottimale, ove costituito ed operante, ovvero al Comune di appartenenza la scelta di avvalersi o meno del servizio pubblico di raccolta, entro il 30 giugno dell’esercizio precedente all’anno di riferimento. La comunicazione, relativa alla scelta di affidarsi ad un gestore alternativo a quello del servizio pubblico, deve riportare le tipologie e le quantità dei rifiuti urbani prodotti oggetto di avvio al recupero. Tale comunicazione incide sulla determinazione del Piano Economico Finanziario del servizio pubblico di gestione dei rifiuti urbani, ai fini della determinazione delle tariffe TARI e della tariffa corrispettiva.

Per tale motivo, si è reso necessario indicare il periodo temporale dei cinque anni, ovverosia un lasso di tempo congruo per assicurare la stabilità e la continuità del servizio di raccolta da parte dei Comuni.

È bene precisare che detta indicazione temporale non rileva ai fini dell’affidamento del servizio da parte dell’attività produttiva che, infatti, potrà, nel corso dei suddetti cinque anni, come esplicitato nell’ultimo periodo della disposizione, cambiare operatore in relazione all’andamento del mercato, purché sia garantito il servizio di raccolta e l’avvio al recupero dei rifiuti urbani prodotti.

Rispetto alle criticità circa uno sfasamento tra entrate e costi determinato dalla circostanza che il metodo tariffario rifiuti (MTR) di ARERA (Delibera n. 443 del 2019 – Annualità 2018-2021) stabilisce che i costi siano quelli del biennio precedente, pur aggiornati, ARERA potrebbe adottare opportuni correttivi nel MTR per consentire di superare l’attuale disallineamento tra costi e gettito, fino al raggiungimento di un regime ordinario (presumibilmente dal 2022).

 

  1. C) Locali ove si producono rifiuti “urbani” con riferimento alle diverse categorie di utenza ed in particolare alla categoria 20 (attività industriali).

Occorre brevemente ricordare che l’Allegato L-quinquies al D. Lgs. n. 116 del 2020 contiene l’elenco delle attività che producono rifiuti urbani e che in esso non sono ricomprese le “Attività industriali con capannoni di produzione”. Ciò potrebbe condurre alla conclusione che questi ultimi diano luogo solo alla produzione di rifiuti speciali.

Tuttavia, l’art. 184 del TUA definisce “speciali” i rifiuti delle lavorazioni industriali, se diversi dai rifiuti urbani, per cui appare evidente che le attività industriali sono produttive sia di rifiuti urbani che di quelli speciali.

Ciò comporta che:
• le superfici dove avviene la lavorazione industriale sono escluse dall’applicazione dei prelievi sui rifiuti;
• ai sensi dell’art. 1, comma 649 della legge n. 147 del 2013 sono esclusi i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all’esercizio di attività produttive di rifiuti speciali;
• continuano, invece, ad applicarsi i prelievi sui rifiuti, sia per la quota fissa che variabile, per le superfici produttive di rifiuti urbani, come, ad esempio, mense, uffici, servizi, depositi o magazzini che non sono funzionalmente collegati alle attività produttive di rifiuti speciali;
• resta dovuta solo la quota fissa laddove l’utenza non domestica che svolge, ad esempio, un’attività di tipo industriale, scelga di conferire i rifiuti urbani al di fuori del servizio pubblico, poiché il comma 649 come innanzi interpretato prevede l’esclusione della sola componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti e cioè della parte variabile.

 

  1. D) Possibilità di fissazione di una quantità massima di rifiuti urbani conferibili al sistema pubblico, a seguito dell’eliminazione della potestà comunale di assimilazione.

Riguardo a tale punto, occorre ribadire che il D. Lgs. n. 116 del 2020 ha eliminato la competenza dei comuni in materia di regolamentazione sull’assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, facendo venir meno, a decorrere dal 1° gennaio 2021, anche i limiti quantitativi già stabiliti dai regolamenti comunali.

E’ stato evidenziato che potrebbe verificarsi un aumento incontrollato delle quantità di rifiuti urbani rispetto a quelle attuali, rendendo difficile lo svolgimento del servizio, per cui è stata manifestata l’esigenza di fissare dei limiti di conferimento dei rifiuti urbani, da parte delle utenze non domestiche, che tengano conto della capacità di assorbimento del sistema. In proposito, bisogna osservare che tale possibilità è esclusa dalle disposizioni unionali, recepite puntualmente nell’ordinamento interno.

In ogni caso, vale la pena di sottolineare che la nuova qualificazione ex lege dei rifiuti urbani, avendo eliminato il potere di assimilazione, impone ai comuni di assicurare la gestione dei rifiuti urbani, compreso lo smaltimento in regime di privativa, ove l’utenza non domestica scelga di avvalersi del servizio pubblico.

E’ quindi con i contratti di servizio che verranno fissati i parametri tecnici ed economici per l’efficiente gestione dei rifiuti urbani da parte dei soggetti affidatari.

Fonte Il Sole 24 Ore

 

https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/09/11/20G00135/sg